giovedì 2 luglio 2015

SENATO-VIETNAM L’impiccio inestricabile del comma 11, quello sulle Regioni a statuto speciale è un altro ostacolo al cammino di Renzi. E poi…le riforme impossibili


O
gni giorno una battaglia, ogni giorno è un buongiorno Senato – Vietnam. Una battaglia campale ormai, dove Renzi stremato cerca di portare a casa qualche buon risultato per la sua squadra di governo. Il problema è che non ha più i numeri; scellerata fu la sua scelta sulla non condivisione del nuovo Presidente della Repubblica. Morto il Nazareno, il governo ha iniziato a vacillare e senza il soccorso azzurro di Forza Italia ha incontrato solo ostacoli nel suo percorso.


Che sia la minoranza interna del Pd, o che siano gli alfaniani, Renzi vede arginato il suo slancio propulsivo, e la sua sete di riforme, fatte male e arrabattate, trova difficilmente una fonte dalla quale abbeverarsi di voti favorevoli.
Apparentemente Renzi da l’impressione di voler sfondare al centro, con la pecca però di non saper recitare. Che sia un bugiardo lo sappiamo, così come è sotto gli occhi di tutti che è costantemente tirato dalla giacca sul suo lato sinistro. Spesso gli capita infatti di voler dimostrare ai suoi dem, di essere anche lui uomo di sinistra, vedi unioni civili e il comico compromesso raggiunto con la CGIL sulla scuola. Il problema però è sempre lo stesso: Renzi è un’anatra zoppa, ovvero non ha i numeri per governare, almeno al Senato.
Sulle unioni civili, Giovanardi & Co. sono stati chiari; se Renzi non modifica il testo, gli voteranno contro.
La paura giustificata, che un’apertura sulle unioni civili possa un domani essere un viatico per le adozioni gay è reale. Per cui meglio prevenire.
Stesso ostacolo alfaniano sulla strada di Renzi, si trova per la riforma sulla prescrizione. L’allungamento a ventidue anni è qualcosa di illogico, per cui Renzi dovrà necessariamente negoziare il solito compromesso, dove troverà la componente Pd più vicina alle toghe a negargli l’ennesimo successo.
Sulla riforma della governance Rai, il grattacapo è ancora maggiore. Forza Italia è stata chiarissima e le altre opposizioni in maniera compatta idem: il parere che l’amministratore delegato dovrà chiedere al Cda sulla nomina dei direttori di testata dovrà essere obbligatorio e vincolante, con lo scopo di garantire delle trattative nelle scelte.
Una riforma comunque eccessivamente verticale, dove a creare maggiore contrarietà è il punto secondo il quale a scegliere l’amministratore delegato sarà direttamente il ministro dell’Economia. Meno male che il grido di Renzi era stato fuori i partiti dalla Rai.
Dunque la strada per il riformismo renziano è più che in salita, almeno a Palazzo Madama. Il premier sembra aver ripreso la fase condita dalla sue brusche accelerate, quelle del Matteo fai presto che è tardi. Una fretta che purtroppo per lui cozza con la mancanza di numeri in Senato e soprattutto con la realizzazione della riforma del Senato stesso.

L’impiccio inestricabile del comma 11, ovvero quello sulle Regioni a statuto speciale, dove Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta più le province di Trento e Bolzano dovranno adeguare i loro statuti alla riforma del Senato, rischia di far saltare la riforma o quanto meno che essa non sia applicabile alle regioni in questione. Escluderle creerebbe un problema costituzionale e politico non da poco. Caro Renzi, tu e il governo siete ai titoli di coda.

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