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n pochi ricordano i soprusi
che subì la comunità italiana della Crimea, deportata e massacrata durante le
purghe staliniane.
È stato invece un passaggio
profondo quello di Silvio Berlusconi, capace di riabilitare la storia personale
e comunitaria delle migliaia di italiani che fin dal diciannovesimo secolo
hanno abitato quella terra.
Putin e
Berlusconi hanno deposto mazzi di rose
rosse al memoriale di fronte al monte Gasfort, a Sebastopoli, dedicato ai
soldati del Regno di Sardegna morti nella guerra di Crimea.
A
tal proposito, Putin ha anche ipotizzato con Berlusconi la possibilità di
collocare i nomi dei caduti italiani in un futuro parco intorno al cimitero. Vi
sembra una cosa da poco? Una visita che però non solo ha reso omaggio ai caduti
della guerra di Crimea del 1853, ma ha reso omaggio alla comunità italiana
vittima di deportazione.
Mai nessuno ne aveva
riconosciuto lo status di minoranza deportata, una sorta di riabilitazione
davanti alla storia quindi, che nel suo piccolo comporta anche dei piccoli
benefici economici di grande aiuto per i più anziani. Sono infatti previsti incentivi, per le vittime
delle repressioni politiche; indennizzi e restituzione dei beni, anche
immobiliari, qualora non distrutti e confiscati ai tempi dell’Unione
Sovietica. La comunità ora vanta un numero di circa 500 italiani,
che nel corso degli anni sono stati dimenticati dalla loro Patria; cinquecento connazionali
che all’interno delle loro fredde case, cercano di scaldarsi il cuore tenendo
ben esposto il Tricolore. Quasi come fosse una reliquia, un segno di
riconoscimento perpetuo, affinché nessuno possa mai dimenticare le cicatrici di
tanta sofferenza lontani dalla propria terra.
La loro storia parte da
lontano, quando nel 1830 circa, soprattutto dalla Liguria e dalla Puglia,
partirono gli avi di questa piccola grande comunità. Il principale centro di arrivo fu la cittadina di
Kerc. Agricoltori, operai dei cantieri navali, maestri d’ascia, marinai e
pescatori che iniziarono a popolare la penisola. Una comunità sempre ben voluta
e rispettata. Una magia interrotta dalla ferocia dell’esercito sovietico nel
1942; accusati di collaborazione con il fascismo, la maggior parte di loro
venne letteralmente sterminata. Per lo più morirono nei campi di prigionia in
Siberia, straziati dal freddo e dalla fame. Andò meglio a chi venne fucilato. Ogni 29 gennaio a
Kerc la comunità italiana ricorda l’inizio di quel dramma, e dal molo vengono
gettati in mare dei garofani rossi, simbolo dei nostri connazionali uccisi.
Il
21 aprile Putin aveva firmato un
decreto che riabilitava alcune minoranze perseguitate da Stalin,
tra loro i tatari, gli armeni, i bulgari e i tedeschi. Tutti ma non la comunità
italiana. Ora non più; Putin ha infatti annunciato di aver firmato gli
emendamenti al decreto affinché venga dato corso al processo di riabilitazione
storica della comunità italiana di Crimea. Da adesso in poi sarà più facile guardare
avanti, piuttosto che voltarsi indietro nella speranza di veder nobilitato il
sacrificio di tanti amici e parenti sterminati dalla violenza comunista.
Un
motivo in più per apprezzare le capacità politiche di Silvio
Berlusconi, un leader politico, con la L maiuscola. Uno statista in
grado di cogliere l’importanza e la necessità di una visita ad uno dei leader
mondiali più importanti del pianeta, preferendola ad una scappatella a New York
per una partita di tennis. Il percorso per sconfiggere l’Isis ora è sicuramente più nitido, esattamente come
la memoria per i nostri connazionali per troppo tempo dimenticati.
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