martedì 15 settembre 2015

POLITICA ESTERA "CRIMEA" - Berlusconi in Crimea. Una riabilitazione storica per gli italiani sterminati dalla ferocia comunista

I
n pochi ricordano i soprusi che subì la comunità italiana della Crimea, deportata e massacrata durante le purghe staliniane.
È per questo che i giornaloni scodinzolanti si appiattiscono sulle solite chiacchere da bar, cercando di screditare l’importanza della visita di Silvio Berlusconi. O meglio cercando di coglierne il lato negativo, allineandosi alle critiche piovute da Kiev, che accusano Berlusconi di aver compiuto una visita illegale in un territorio annesso illegalmente dalla Federazione Russa.


È stato invece un passaggio profondo quello di Silvio Berlusconi, capace di riabilitare la storia personale e comunitaria delle migliaia di italiani che fin dal diciannovesimo secolo hanno abitato quella terra.

Putin e Berlusconi hanno deposto mazzi di rose rosse al memoriale di fronte al monte Gasfort, a Sebastopoli, dedicato ai soldati del Regno di Sardegna morti nella guerra di Crimea.
A tal proposito, Putin ha anche ipotizzato con Berlusconi la possibilità di collocare i nomi dei caduti italiani in un futuro parco intorno al cimitero. Vi sembra una cosa da poco? Una visita che però non solo ha reso omaggio ai caduti della guerra di Crimea del 1853, ma ha reso omaggio alla comunità italiana vittima di deportazione.
Mai nessuno ne aveva riconosciuto lo status di minoranza deportata, una sorta di riabilitazione davanti alla storia quindi, che nel suo piccolo comporta anche dei piccoli benefici economici di grande aiuto per i più anziani. Sono infatti previsti incentivi, per le vittime delle repressioni politiche; indennizzi e restituzione dei beni, anche immobiliari, qualora non distrutti e confiscati ai tempi dell’Unione Sovietica. La comunità ora vanta un numero di circa 500 italiani, che nel corso degli anni sono stati dimenticati dalla loro Patria; cinquecento connazionali che all’interno delle loro fredde case, cercano di scaldarsi il cuore tenendo ben esposto il Tricolore. Quasi come fosse una reliquia, un segno di riconoscimento perpetuo, affinché nessuno possa mai dimenticare le cicatrici di tanta sofferenza lontani dalla propria terra.

La loro storia parte da lontano, quando nel 1830 circa, soprattutto dalla Liguria e dalla Puglia, partirono gli avi di questa piccola grande comunità. Il principale centro di arrivo fu la cittadina di Kerc. Agricoltori, operai dei cantieri navali, maestri d’ascia, marinai e pescatori che iniziarono a popolare la penisola. Una comunità sempre ben voluta e rispettata. Una magia interrotta dalla ferocia dell’esercito sovietico nel 1942; accusati di collaborazione con il fascismo, la maggior parte di loro venne letteralmente sterminata. Per lo più morirono nei campi di prigionia in Siberia, straziati dal freddo e dalla fame. Andò meglio a chi venne fucilato. Ogni 29 gennaio a Kerc la comunità italiana ricorda l’inizio di quel dramma, e dal molo vengono gettati in mare dei garofani rossi, simbolo dei nostri connazionali uccisi.

Il 21 aprile Putin aveva firmato un decreto che riabilitava alcune minoranze perseguitate da Stalin, tra loro i tatari, gli armeni, i bulgari e i tedeschi. Tutti ma non la comunità italiana. Ora non più; Putin ha infatti annunciato di aver firmato gli emendamenti al decreto affinché venga dato corso al processo di riabilitazione storica della comunità italiana di Crimea. Da adesso in poi sarà più facile guardare avanti, piuttosto che voltarsi indietro nella speranza di veder nobilitato il sacrificio di tanti amici e parenti sterminati dalla violenza comunista.
Un motivo in più per apprezzare le capacità politiche di Silvio Berlusconi, un leader politico, con la L maiuscola. Uno statista in grado di cogliere l’importanza e la necessità di una visita ad uno dei leader mondiali più importanti del pianeta, preferendola ad una scappatella a New York per una partita di tennis. Il percorso per sconfiggere l’Isis ora è sicuramente più nitido, esattamente come la memoria per i nostri connazionali per troppo tempo dimenticati.

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