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ia chiaro: i nostri ‘no’ hanno un sapore
di speranza,
sono carichi di forza alternativa. Il nostro non è negazionismo o tanto peggio
tanto meglio. Dietro ogni ‘no’ si cela una controproposta carica di buone
soluzioni, con l’unico scopo di rendere più giusto questo Paese.
Il
tutto sempre nel rispetto delle Istituzioni e della corretta vita
parlamentare.
Da
quando il Nazareno non c’è più, sono emerse le chiare difficoltà del governo il
quale senza una maggioranza numerica è ormai fermo, immobile. Oggi più che mai
siamo pronti ad opporci alle mostruosità che l’esecutivo vuole
approvare, al cospetto di un Parlamento che agisce a colpi di decreti (35!)
seppellendo la tradizione di democrazia delle Camere.
Nel
corso del DIBATTITO SULLE RIFORME,
abbiamo più volte sottolineato, anche davanti al Presidente della Repubblica,
come d’altra parte hanno fatto numerosi costituzionalisti, i
pericoli del “combinato disposto” tra riforma costituzionale e nuova legge
elettorale, che produce un mostro
giuridico in grado di mettere a repentaglio la stessa
democrazia parlamentare.
Si prefigura infatti un pregiudizio dei principi
supremi della medesima Costituzione, a partire dalla stessa sentenza che ha
giudicato illegittima la legge elettorale, in cui la Corte ha chiaramente sottolineato che
le ragioni della governabilità non devono prevalere su quelle della
rappresentatività.
Ad
allarmare è il fatto che il nuovo sistema conceda il premio di maggioranza ad
una sola lista e che la Camera possa senza difficoltà decidere, a maggioranza,
in merito a tutte o quasi tutte le cariche istituzionali.
Un
sistema complessivo che risulterebbe quindi privo di bilanciamento, ovvero di
quei pesi e contrappesi necessari per garantire l’equilibrio politico
istituzionale tra poteri e tra le diverse forze politiche in campo.
Inoltre,
i poteri legislativi del nuovo Senato sono configurati in maniera confusa
ed insufficiente e il nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni non
determinerebbe una diminuzione dell’attuale pesante contenzioso. In poche
parole, un pasticcio “al quadrato”.
Stesso discorso SUL TEMA GIUSTIZIA, dove il divario tra gli annunci e i risultati è
ancora troppo ampio; solita farsa renziana e dei suoi ministri.
Il
ministro Orlando aveva lanciato con enfasi nello scorso giugno una profonda
riforma ma ad oggi si è visto ben poco. L’unico sprazzo è stata l’approvazione
della responsabilità civile dei magistrati, che come abbiamo ampiamente
sottolineato nelle scorse settimane non servirà assolutamente a nulla, dal
momento che il processo accusatorio ai danni di un cittadino sarà sempre più
aggressivo e disequilibrato rispetto a quello di un magistrato.
Per
questo ci rivolgiamo al ministro Orlando, ricordandogli che anche il
correntismo politico della magistratura rappresenta una priorità nella riforma
della giustizia.
Proprio
come la separazione delle carriere dei magistrati o il sovraffollamento
carcerario.
A tal proposito invitiamo il governo a riprendere
sul serio il messaggio alle Camere dell’ex Presidente Napolitano, che è ancora
snobbato da Renzi e che invitava ad un adeguamento delle prigioni a un consono
standard di civiltà.
Non
da meno è la sospirata RIFORMA SULLA SCUOLA,
da noi considerata la base sulla quale ricostruire le fondamenta per un futuro
più roseo.
Purtroppo la “buona scuola” di Renzi e del ministro Giannini ha un
macroscopico difetto, ovvero la pretesa di essere l’unica, la sola scuola.
Dimenticando
che il nostro sistema d’istruzione è disegnato in maniera policentrica e
pluralistica proprio perché di carattere pubblico. Deve per cui garantire i
principi di libertà di scelta educativa, di qualità, equità e occupabilità.
Caro
Renzi il problema non si risolve assumendo tutti i precari con un
conseguente aumento delle tasse. Per questo lavoriamo affinché la scuola
diventi un luogo in cui tutti hanno le stesse opportunità e soprattutto
l'opportunità di costruire il proprio futuro senza differenze.
Caro Presidente del Consiglio, il tuo primo anno
al governo è passato. È stato un anno di bugie,
dove ha preso piede una forte deriva autoritaria, tragica conseguenza di quanto
accaduto nell’estate-autunno del 2011.
Tutto
nasce da lì.
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