martedì 20 maggio 2014

La scandalosa Tasi. Renzi ce la farà pagare cara, ma non sa come dircelo per paura del voto, e allora rimanda



L
’introduzione della Tasi, la nuova tassa sui servizi comunali indivisibili voluta fortemente dal governo Letta e fortemente osteggiata da Forza Italia, rischia di creare un caos clamoroso tra cittadini, Comuni e governo. Vediamo perché.
Nel 2013, il governo di centrosinistra decide di riscrivere l’intera struttura della tassazione comunale, istituendo la Tasi, non contento dell’appena avvenuta sostituzione della vecchia Ici con l’Imu, anticipata al 2012 dal governo Monti. Tutto questo in barba ad ogni principio di semplicità e stabilità normativa che ogni buon sistema tributario dovrebbe possedere.
Tra le altre cose, le norme che regolano la Tasi prevedono che i Comuni debbano decidere l’aliquota da fissare e il sistema di detrazioni per i contribuenti.

Il termine ultimo dato ai Comuni per la delibera è quello del 31 Maggio.
Se questa non dovesse essere fatta entro quella data, si applicherebbe automaticamente l’aliquota più bassa, pari all’uno per mille. Non solo.

La Tasi dovrebbe essere pagata in due rate, la prima entro il 16 giugno e la seconda entro il 16 dicembre. Il condizionale è d’obbligo perché la maggior parte dei Comuni quella delibera, semplicemente, non l’ha ancora adottata.
Un po’ perché i calcoli che consentano di stimare il gettito in funzione delle aliquote e detrazioni stabilite non sono facili da effettuare, soprattutto per quelle piccole realtà che non dispongono delle competenze tecniche e dei dati per fare le simulazioni.

Secondariamente, perché in molti di quei Comuni si andrà a votare il prossimo 25 Maggio e sono pochi i sindaci in carica disposti a offrire un assist elettorale ai loro sfidanti.  
Di questa situazione se ne è accorto finalmente anche il governo che sta pensando di posticipare la data entro la quale i Comuni dovranno deliberare e il pagamento della prima rata, che probabilmente sarà rinviato al prossimo 16 settembre.

Tuttavia, lo spostamento di tale termine non si esaurirebbe soltanto nell’ennesima brutta figura del governo Renzi ma comporterebbe anche dei seri problemi finanziari per i Comuni, poiché il posticipare di tre mesi il pagamento creerebbe l’esaurimento della liquidità in molte realtà comunali.

Per questo motivo il presidente dell’Anci Piero Fassino ha già messo le mani avanti, dichiarando che, se questo fosse il caso, il governo dovrebbe versare in conto cassa ben 2 miliardi di euro ai Comuni. Messaggio che fa tremare le gambe al governo il quale, intento com’è nel dimostrare che le coperture per il decreto Irpef esistono, non può permettersi ad oggi di pagare quella cifra.

Per risolvere questa impasse oggi al Tesoro si terrà un incontro tra Anci e governo, al termine del quale si dovrebbe sapere qualcosa di più definitivo sulla questione.

In mezzo a tutta questa baraonda si ritrova il povero contribuente che dovrà sopportare l’ennesimo salasso fiscale, che per qualche comune sarà particolarmente salato.
Il problema principale è che molti contribuenti mancano completamente di conoscenza sulla natura della nuova tassa. Non sanno cos’è (in molti casi nemmeno che esiste) e non sanno su cosa, quanto e quando dovranno pagare. Non stupisce quindi che i Caf dei sindacati siano stati presi d’assalto da migliaia di cittadini allarmati.
La paura di avere problemi con l’Agenzia delle Entrate in caso di errore ha creato un vero e proprio effetto panico. Il sottosegretario Delrio ha pregato i cittadini di “essere pazienti coi sindaci”. Ma la pazienza degli italiani sembra essere proprio finita. Non solo con i sindaci. Anche con il governo.

Di tasse sulla casa, infatti, i cittadini pagavano:
·       nel 2011, con Berlusconi, 10 miliardi;
·       nel 2012, con Monti, 24 miliardi;
·       nel 2013, con Forza Italia nella maggioranza di governo, il gettito totale si è ridotto grazie all'abolizione dell'Imu sulla prima casa, salvo i pasticci finali dei Comuni e del governo;
·       dal 2014, con Letta-Renzi, il gettito supererà 30 miliardi.

Più che triplicato rispetto agli anni di Berlusconi, e il 30% in più rispetto al 2012 di Monti. Una patrimoniale bella e buona.

Il Mattinale


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