L
|
’introduzione
della Tasi,
la nuova tassa sui servizi comunali indivisibili voluta fortemente dal governo
Letta e fortemente osteggiata da Forza Italia, rischia di creare un caos clamoroso tra
cittadini, Comuni e governo. Vediamo perché.
Nel 2013, il governo di centrosinistra decide di riscrivere l’intera struttura della
tassazione comunale, istituendo la Tasi, non contento dell’appena
avvenuta sostituzione della vecchia Ici con l’Imu, anticipata al 2012 dal
governo Monti. Tutto questo in barba ad ogni principio di semplicità e
stabilità normativa che ogni buon sistema tributario dovrebbe possedere.
Il
termine ultimo dato ai Comuni per la delibera è quello del 31 Maggio.
Se
questa non dovesse essere fatta entro quella data, si applicherebbe
automaticamente l’aliquota più bassa, pari all’uno per mille. Non solo.
La Tasi dovrebbe essere pagata
in due rate, la prima entro il 16 giugno e la seconda entro il 16 dicembre. Il condizionale è d’obbligo
perché la maggior parte dei Comuni quella delibera, semplicemente, non l’ha
ancora adottata.
Un
po’ perché i calcoli che consentano di stimare il gettito in funzione delle
aliquote e detrazioni stabilite non sono facili da effettuare, soprattutto per
quelle piccole realtà che non dispongono delle competenze tecniche e dei dati
per fare le simulazioni.
Secondariamente,
perché in molti di quei Comuni si andrà a votare il prossimo 25 Maggio e sono
pochi i sindaci in carica disposti a offrire un assist elettorale ai loro
sfidanti.
Di
questa situazione se ne è accorto finalmente anche il governo che sta pensando di posticipare la
data entro la quale i Comuni dovranno deliberare e il pagamento della prima
rata, che probabilmente sarà rinviato al prossimo 16 settembre.
Tuttavia,
lo spostamento di tale termine non si esaurirebbe soltanto nell’ennesima brutta
figura del governo Renzi ma comporterebbe anche dei seri problemi
finanziari per i Comuni, poiché il posticipare di tre mesi il pagamento
creerebbe l’esaurimento della liquidità in molte realtà comunali.
Per
questo motivo il presidente dell’Anci Piero Fassino
ha già messo le mani avanti, dichiarando che, se questo fosse il caso, il
governo dovrebbe versare in conto cassa ben 2 miliardi di euro ai Comuni.
Messaggio che fa tremare le gambe al governo il quale, intento com’è nel
dimostrare che le coperture per il decreto Irpef esistono, non può
permettersi ad oggi di pagare quella cifra.
Per
risolvere questa impasse oggi al Tesoro si terrà un incontro tra Anci e
governo, al termine del quale si dovrebbe sapere qualcosa di più definitivo
sulla questione.
In
mezzo a tutta questa baraonda si ritrova il povero contribuente che dovrà
sopportare l’ennesimo
salasso fiscale, che per qualche comune sarà particolarmente salato.
Il
problema principale è che molti contribuenti mancano completamente di
conoscenza sulla natura della nuova tassa. Non sanno cos’è (in molti casi
nemmeno che esiste) e non sanno su cosa, quanto e quando dovranno pagare. Non
stupisce quindi che i Caf dei sindacati siano stati presi d’assalto da migliaia
di cittadini allarmati.
La
paura di avere problemi con l’Agenzia delle Entrate in caso di errore ha creato
un vero e proprio effetto panico. Il sottosegretario Delrio
ha pregato i cittadini di “essere pazienti coi sindaci”. Ma la pazienza degli
italiani sembra essere proprio finita. Non solo con i sindaci. Anche con il
governo.
Di tasse sulla casa, infatti, i
cittadini pagavano:
· nel 2011, con Berlusconi,
10 miliardi;
· nel 2012, con Monti,
24 miliardi;
· nel 2013, con Forza Italia nella
maggioranza di governo, il gettito totale si è ridotto grazie all'abolizione
dell'Imu sulla prima casa, salvo i pasticci finali dei Comuni e del governo;
· dal 2014, con Letta-Renzi,
il gettito supererà
30 miliardi.
Più che triplicato rispetto
agli anni di Berlusconi, e il 30% in più rispetto al 2012 di Monti. Una patrimoniale
bella e buona.
Il Mattinale
Nessun commento:
Posta un commento