Si
è finalmente consumato il tanto atteso passaggio delle nomine alle società partecipate dallo Stato. Matteo
Renzi in preda ai suoi soliti attacchi di finto riformismo, doveva
scegliere se adottare lo stesso comportamento dei sui predecessori, ovvero
distribuire nomine in segno di riconoscenza
ai suoi amici ed alleati politici,
oppure se dare forza e vigore al suo coraggio da riformatore.
È
vero ci ha sorpreso ancora una volta e a fare la differenza è stata la sua
solita statica dinamicità: nessuno o pochi della vecchia guardia dei manager
storici, ma comunque tanti
suoi cari piazzati nei vari cda.
Un
aspetto che ci ha ricordato come alcuni processi non cambino mai, è stata la totale mancanza di trasparenza;
la dimostrazione sta nella conseguente frustrazione tra gli investitori. Il
fatto che Renzi abbia voluto rivoluzionare a modo suo i vertici delle società
più importanti per l’economia italiana non ha infatti incontrato i favori del
mercato. D’altronde quei manager che accetteranno l’incarico avranno il vincolo
legato al loro compenso: un
tetto salariale di 239mila euro. Un paradosso tutto
italiano se si pensa che la levatura accademica e i curricula di questi
nominati, consentirebbe loro di guadagnare cifre più astronomiche all’estero.
Non vorremo che tale scelta sia sinonimo di incompetenza e di inefficacia, con
il rischio che il nostro Paese e le nostre aziende perdano ulteriore competitività sul piano internazionale.
Logico quindi che le personalità indicate da Renzi abbiano fatto sorgere
qualche dubbio agli investitori,
facendo scattare le vendite azionarie soprattutto per Enel,
Finmeccanica e Terna. È andata meglio Eni che
ha avuto una performance comunque debole. La paura è che Renzi pur di attuare i
cambiamenti tanto sbandierati, abbia realmente reso il processo delle nomine troppo politico,
mettendo da parte l’effettivo bisogno di esperienza.
Come
anticipato, sono stati tanti i suoi amici che hanno goduto di un’adeguata
sistemazione: ci vengono in mente il suo avvocato Alberto Bianchi
in Enel, Fabrizio Landi un finanziatore delle
campagne elettorali di Renzi che siederà nel cda di Eni; Elisabetta
Fabbri presidente di Starhotels, catena internazionale di alberghi
sorta a Firenze e amica storica del buon Presidente del Consiglio che andrà in
Poste. Li troverà la Todini,
neo Presidente, che secondo alcune indiscrezioni si è sempre dimostrata molto
attenta nella ricerca di finanziatori per l’allora promettentissimo sindaco di
Firenze. Potremmo proseguire con questa antipatica lista di nominati, amici,
sponsor e quant’altro, ma il rammarico ce lo impedisce quando ricordiamo che il
governo abbia speso circa 60mila
euro di consulenze per trovare dei curricula che aveva già dentro casa.
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