L
|
a deriva morale del Pd, di Renzi
e dei suoi adepti. È questo il leitmotiv che si canticchia da Largo Chigi fino
a Palazzo Valentini e proseguendo poi verso il Viminale.
Il triangolo delle
responsabilità, non un successo musicale, ma lo specchio del dramma
amministrativo che ha travolto la Capitale.
Ed ecco allora, dopo l’arresto per Carminati e lo scoppio dello scandalo “Mafia Capitale”, un susseguirsi di sotterfugi
da Palazzo, un vano tentativo di tenere in vita un apparato burocratico
inquinato e corrotto.
Ma veniamo ad oggi, il prefetto Gabrielli, colui il quale Marino si divertiva a dipingere nei panni di una
colf, ha prodotto l’ennesima relazione; cinquantasei pagine che descrivono
quello che già sapevamo, che raccontano ciò che Gabrielli fin dall’inizio della
scorsa estate aveva fatto finta di non vedere.
Un dossier choc, pagine
infuocate che denunciano sostanzialmente un contropotere silenzioso, un virus
immune a qualsiasi rimedio.
Elementi che consegnano a Roma e ai suoi cittadini un quadro
amministrativo inquinato, un coacervo di parzialità e obsolescenza degli uffici
del Comune rimasti indifferenti anche alle indicazioni “chiare” del governo.
Dirigenti comunali sfuggiti
alla mano della giustizia, nonostante le indicazioni emerse da quel Consiglio
dei ministri del 27 agosto, che ad oggi fanno dell’amministrazione romana una
gigantesca macchina burocratica riottosa al cambiamento, citando il dossier, “pur in ambiti di
estrema rilevanza e urgenza, quali quello della risoluzione delle criticità
derivanti dalle vicende di Mafia Capitale”.
Cinquantasei pagine in totale
controtendenza con la prima relazione che la task force del prefetto aveva
fatto arrivare sul tavolo del ministro Alfano agli inizi dello scorso luglio. Pagine che
alimentano la rabbia e lo sgomento, tra chi come noi, si era pronunciato fin da
subito per lo scioglimento del Comune.
Un relazione grazie alla quale il ministro Alfano, dopo una serie di posticipazioni e
ritardi, si pronunciò a favore della linea di Gabrielli e quindi del Presidente Renzi: il Comune non andava sciolto.
Dopo tre mesi niente di tutto ciò. Il Comune di Roma si ritrova
infatti senza una giunta politica in grado di guidarlo, ma con due commissari
coadiuvati da un ‘dream team’ pronti a risanare le malefatte del Partito democratico.
Un piano ad hoc studiato da Renzi per colmare il vuoto di consensi
prodotto da Marino e la sua giunta.
Un conto salato per i romani,
che come annunciato dal Presidente Brunetta costerà
ai cittadini un milione al mese.
Senza contare il denaro pubblico che il governo metterà a
disposizione dei presidenti dei vari municipi, rimasti in carica nonostante la
presenza dei commissari.
Quest’ultimi avranno l’arduo compito di fungere da “macchine
cerca-voti”, nella speranza renziana di recuperare consensi da qui alle
prossime elezioni. E per oggi è atteso il decreto del governo, che stanzierà i
fondi per le opere del Giubileo, una pioggia dorata destinata a contaminare
l’esito delle amministrative in primavera.
Un quadro clinico drammatico per la città di Roma, che noi in
maniera lungimirante avevamo già denunciato alla fine dello scorso anno.
Ed è per questo che oggi
denunciamo la responsabilità di chi, per ragioni politiche, ha preferito
voltarsi dall’altro lato.
Renzi,
Alfano, Gabrielli, Orfini, a cascata sono tutti responsabili del
tracollo di Roma e ci preme ricordare che omettere dati d’ufficio è
penalmente perseguibile.
Il Quadrifoglio è pronto, e il sano civismo tra le nostre
fila manderà a casa Renzi e la sua cricca di irresponsabili.
Nessun commento:
Posta un commento