martedì 3 novembre 2015

CAOS CONTRADAIOLO DEL PD - Renzi vorrebbe ricucire il Pd dilaniato, senza rendersi conto di essere lui stesso la principale causa del tracollo politico del Partito democratico. Se D’Alema è la sua soluzione per Roma, farebbe bene ad anticipare le sue dimissioni. Le prossime amministrative saranno la sua condanna

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l Pd è in bilico, sospeso tra una forte volontà di rilancio e il definitivo tracollo politico. Renzi, una volta caduto Marino, torna a occuparsi di Roma.


Il pericolo contagio per il premier è solo un lontano ricordo e allora ecco che torna a pontificare sul futuro della Capitale.

Palazzo Chigi si è impossessato del futuro di Roma, almeno per i prossimi 6/7 mesi. Dopo la nomina del commissario Tronca, al quale ribadiamo i nostri migliori auguri, Renzi ha come obiettivo quello di recuperare consensi in vista delle prossime elezioni.

Da sempre riottoso nell’interfacciarsi con la compagine romana del Pd, il premier sta cercando di imporre la sua linea tra le forze della sinistra dem, l’unica (da quando l’uomo è arrivato sulla Terra) a dominare con le sue scorribande la scena della politica capitolina. Una scena caratterizzata da Coop rosse, appalti e controlli mirati delle municipalizzate.
Renzi definisce dilaniato il Pd romano, come dargli torto. Ma nel caso in cui non se ne fosse reso conto, ci preme fargli notare che egli stesso rappresenta il marcio e il grottesco di cui la Capitale si è macchiata negli ultimi anni.

Lui è il segretario del Partito democratico, e la logica delle primarie che tanto lo spaventa oggi, è la stessa che gli ha permesso di diventare segretario e spodestare Enrico Letta da Palazzo Chigi.

Egli stesso ha contribuito con il suo anarchico dispotismo a infuocare le rivalità tra le contrade politiche all’interno del Pd.

Non può avere la pretesa di sentirsi non responsabile di quanto accaduto prima della caduta di Marino. Le scelte fatte da Renzi, soprattutto dopo lo scoppio della scandalo “Mafia Capitale”, lo coinvolgono direttamente nella triste storia di Roma e del suo ex sindaco.

Più volte, anche dalle pagine de “Il Mattinale”, si era invitato Renzi in qualità di Presidente del Consiglio, a sciogliere il Comune di Roma per infiltrazioni mafiose.

Il premier però foraggiato da quelle stesse lotte intestine tra le contrade piddine romane, preferì, come al suo solito, mettere la polvere sotto il tappeto, limitandosi a commissariare il solo municipio di Ostia e consegnando di fatto le chiavi del Campidoglio a Matteo Orfini e a quella che poi sarebbe diventata la badante del sindaco Marino, stiamo parlando del prefetto Gabrielli, meglio conosciuto oggi come l’uomo del mistero dei 101. 

Orfini, dal canto suo, con grande abilità politica, diciamo da dalemiano doc, ha sostanzialmente obbligato Marino a varare una nuova giunta ad immagine e somiglianza del Presidente Pd, in cambio di una ferrea protezione dinanzi a Renzi. Per poi voltargli le spalle quando la situazione fosse ormai diventata insostenibile.
Ma il Marino indifendibile dei giorni d’oggi, lo era anche quando gli esponenti di spicco della sua giunta speculavano sulle spalle dei romani con i Buzzi di turno, e il sindaco, fino ad allora considerato onesto, si dilettava nell’interpretare il ruolo del cecato.


La storia degli scontrini, per la quale Marino rischierà seriamente una condanna per peculato e falso in atto pubblico, è solo un insensato contorno al fianco di una sostanziosa bistecca alla fiorentina da un chilo e più.

Renzi vuole farci credere che la caduta di Marino sia solo un nobile atto di democrazia, ma la verità è un’altra. Le prossime amministrative saranno un banco di prova fondamentale per la tenuta di questo governo incostituzionale e non democraticamente eletto. Per questo il premier ha deciso di accelerare il piano di ricucitura o meglio riqualifica del Pd.


Se su Roma la cura sarà veramente D’Alema, la sua è una partita persa. È finito il tempo delle chiacchere, il fiorentino sta per essere smascherato in tutta la sua inadeguatezza.

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